Monkeypox è una malattia virale zoonotica, ovvero trasmessa dagli animali all’uomo. Il virus è stato identificato per la prima volta negli anni ’50 tra scimmie da laboratorio, ma si ritiene che il principale serbatoio animale sia costituito da piccoli mammiferi, come roditori. La trasmissione all’uomo può avvenire attraverso il contatto diretto con animali infetti, attraverso morsi, graffi o anche consumando carne non adeguatamente cotta di animali infetti. Nel corso degli ultimi decenni, sono stati segnalati focolai in diverse regioni dell’Africa centrale e occidentale, ma, più recentemente, sono stati osservati casi anche in altre parti del mondo, tra cui Europa e Nord America.
Il decorso clinico della malattia inizia generalmente con febbre, mal di testa, dolori muscolari, e linfonodi ingrossati. Dopo alcuni giorni, si manifesta un’eruzione cutanea che inizia sul viso e si diffonde al resto del corpo. Le lesioni della pelle progrediscono da macchie a papule, vescicole, e infine pustole prima di formare croste. Anche se i sintomi sono simili a quelli del vaiolo umano, la gravità del monkeypox tende ad essere inferiore e il tasso di mortalità più basso. Tuttavia, in alcuni casi, la malattia può portare a complicazioni gravi, soprattutto nei bambini e nelle persone con sistema immunitario compromesso.
Il virus può trasmettersi tra esseri umani attraverso il contatto diretto con fluidi corporei, lesioni cutanee o goccioline respiratorie emesse durante conversazioni ravvicinate o tosse. Tuttavia, il contagio richiede solitamente un contatto prolungato e stretto con una persona infetta.
Esistono vaccini efficaci contro il monkeypox, poiché il vaccino contro il vaiolo offre una protezione significativa. Anche se la vaccinazione di massa non è attualmente raccomandata, viene somministrata a persone ad alto rischio di esposizione, come operatori sanitari e persone in contatto con individui infetti. Resta comunque essenziale mantenere alta l’attenzione, identificare tempestivamente i casi e monitorare la diffusione per evitare ulteriori epidemie.